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Prima dell’attacco terroristico alle torri gemelle nel cuore di Manhattan, nell’immaginario collettivo, il fenomeno degli attentatori suicidi era collocato all’interno di una strategia bellica arcaica, legato alla leggenda più che alla realtà, confuso frequentemente e in modo erroneo, dal punto di vista motivazionale e contestuale, con il ben più noto soldato kamikaze giapponese.

Gli attentatori appartenenti al gruppo terroristico di Al-Qaeda che hanno preso parte all’attacco dell’11 settembre però, sono stati guidati da motivazioni molto diverse rispetto al contesto giapponese.

Tale evento ha creato uno spartiacque a livello governativo da una parte, in quanto i servizi di sicurezza nazionale americana vennero posti sotto il microscopio per capirne il fallimento, così come quelli di altri paesi, costretti a ripensare ad una strategia di contrasto; dall’altra, l’insicurezza e la paura sociale, accompagnata da un senso di vulnerabilità, che da allora ha preso spazio nella vita di tanti. A distanza di solo due anni, la voglia di colpire gli “infedeli” in occidente divenne una realtà, Istanbul nel novembre 2003, la strage di Madrid dell’11 marzo 2004 e gli attentati a Londra del 7 luglio 2005, tutti rivendicati da Al-Qaeda.

In questo lasso di tempo, dal 2001 sino ai giorni nostri, oltre alla tipologia di attentati così strutturati che miravano ad obiettivi ambiziosi, vi sono stati vari attacchi di micro cellule jihadiste o addirittura operazioni svolte da singoli soggetti. Gli attacchi alla sede del giornale francese Charlie Hebdo, messi in atto nel mese di febbraio ad opera dei fratelli Franco-algerini Kouachi, hanno riportato nell’animo collettivo la paura e l’insicurezza, ricordando all’intelligence la complessità del monitoraggio del fenomeno. Attraverso questo paper si vuole cercare di approfondire uno degli aspetti psicologici che influiscono sul percorso interiore che l’aspirante “shaid” intraprende, focalizzando l’attenzione sulle strategie e sulle tecniche manipolatorie poste in atto dai cosìddetti “reclutatori”, nel tentativo di comprenderne la potenza e la relativa pericolosità.

Tale fenomeno riguarda un infinitesimale segmento estremista della fede islamica, attraverso il quale i fedeli, spinti da una propaganda rielaborata e distorta del grande Islam moderato e pacifico, vengono indottrinati all’odio nei confronti di qualsiasi miscredente. Manipolando psicologicamente gli adepti, prescelti all’interno di gruppi o individuati singolarmente (selezionati in base ad adeguati requisiti psicologici), vengono fornite convinzioni per le quali, “sacrificare” la propria vita per la causa religiosa, è il premio più grande.

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