Venerdì 7 luglio 2023 il Presidente statunitense Joe Biden, ha approvato l’invio di munizioni a…
La mutata natura della globalizzazione ha dato origine a profondi cambiamenti nel commercio internazionale sempre più caratterizzato da un elevato grado di interdipendenza tra i Paesi, in gran parte dovute dalle cosiddette catene globali del valore, composte da imprese leader nel settore, dalle loro affiliate e da numerose imprese indipendenti che forniscono beni e servizi, concorrendo alla produzione dei beni finali.
Attualmente, le imprese sono in grado di ridefinire le proprie competenze attraversando le proprie frontiere nazionali in modo da stabilire reti produttive con altre imprese localizzate dove è possibile sfruttare al massimo i vantaggi comparati nella produzione di beni e servizi intermedi.
Tale mutamento nell’organizzazione della produzione si è tradotto in una crescita del commercio internazionale di beni intermedi e nella divaricazione tra valore delle esportazioni e il valore aggiunto, accentuando la variabilità e la competitività tra Paesi, ponendo particolare attenzione all’interesse economico nazionale.
A differenza dei primi decenni del XX secolo, segnati dall’accentuarsi di politiche protezionistiche e dirigiste in cui l’esportazione di capitali era volta alla costruzione di infrastrutture e alla monopolizzazione dei mercati, ad oggi una parte rilevante degli investimenti esteri ha l’obiettivo di intrecciarsi con la produzione di merci inserite nelle catene globali del valore.
Il World Trade Organization e l’OCSE concordano nell’attribuire alle GVC un ruolo fondamentale nell’economia del XXI secolo, visto il loro impatto sullo sviluppo economico, creazione di posti di lavoro e di valore aggiunto, soprattutto in Paesi a basso e medio livello di PIL.
Il commercio internazionale viene spesso inteso come un’entità del tutto separata dal resto della politica e dell’economia internazionale, ma in realtà non solo è un elemento che va a comporre la politica estera dei Paesi ma soprattutto un pivot attorno al quale vengono fatte scelte di alleanze e collaborazione, vengono imposte politiche economiche e monetarie, si creano unioni e si possono creare divisioni.
Per tale motivo l’ultimo decennio è stato caratterizzato dal tramonto dei tradizionali sistemi di commercio internazionale basati sull’interscambio di beni e servizi (trade in goods) a favore di processi di divisione internazionale del lavoro, attraverso la formazione delle catene del valore.
L’analisi verterà, quindi, sulla posizione dell’economia italiana in questo tipo di scambi così da carpire l’intensità del proprio coinvolgimento nelle reti produttive internazionali e verificare se dette incertezze e tensioni geopolitiche possono in qualche modo influenzare l’andamento delle catene del valore, alla luce anche delle crisi nazionali ed internazionali degli ultimi anni.
Inoltre, il clima di incertezza e le tensioni geopolitiche internazionali, dettate anche dai cambiamenti in corso negli Stati Uniti e l’avvio della Brexit, richiedono che la comunitàinternazionale presti particolare attenzione alle politiche commerciali, in modo da arginare spinte protezionistiche e isolazionistiche.
Le crescenti tensioni commerciali tra Stati Uniti e i suoi partner commerciali, la Cina in particolar modo, hanno introdotto enorme incertezza nel processo di ripresa dell’economia globale.
L’imposizione da parte di Trump di dazi sulle importazioni di acciaio del 25% e del 10% su quelle dell’alluminio pone in essere un precedente rischioso che potrebbe trasformare una disputa commerciale in un problema di sicurezza nazionale.
Le ricadute, di conseguenza, andrebbero poi ad interessare non solo le industrie produttrici di acciaio ma anche tutte quelle correlate con l’uso di questo materiale.
Il nodo critico, comunque, è il rapporto tra Stati Uniti e Cina: l’ingresso della Cina nel WTO (2011) ha favorito lo sviluppo del suo export negli anni Duemila, permettendo alle imprese cinesi un accesso più facile ai mercati esteri di input intermedi e, quindi, l’inserimento in catene globali del valore.
L’operazione ha assicurato loro condizioni tariffarie più basse (come most favored nation), che in precedenza negli Stati Uniti dovevano essere riautorizzate annualmente dal Congresso. Le pratiche scorrette della Cina, agli occhi degli Stati Uniti, sono ben più ampie e gli strumenti del WTO appaiono inadatti a fronteggiarle, tanto da voler spostare, attraverso le minacce tariffarie, il confronto a livello bilaterale, basandosi sul concetto di reciprocità.
L’introduzione di barriere commerciali è, però, un gioco a somma negativa in cui tutti i partecipanti perdono, favorendo esiti imprevedibili che travalicano il solo campo economico.
Durante la grande recessione del 2008-09, ad esempio, le catene globali del valore hanno trasmesso rapidamente shock reali e finanziari attraverso diversi canali, facendo flettere la domanda di beni finali che, di conseguenza, si riverbera su quelle di beni intermedi.
Si intende approfondire il ruolo delle catene globali del valore per l’interesse economico nazionale, alla luce della partecipazione italiana soprattutto come imprese intermedie, ossia come imprese subfornitrici che realizzano la larga parte del loro fatturato con la vendita ad altre imprese. Infine saranno individuati ed analizzati i rischi attraverso la creazione di uno scenario strategico, ponendo particolare attenzione verso quei rischi che hanno influenza diretta e indiretta sulla sicurezza economica italiana.