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Il terrorismo e i processi di radicalizzazione di matrice jihadista rappresentano, al giorno d’oggi, una delle minacce più grandi alla nostra sicurezza e uno dei pericoli più seri è costituito dall’azione del returnee, foreign terrorist fighter “di ritorno” che inizialmente ha lasciato il proprio Stato di residenza o di cittadinanza per combattere la guerra jihadista.

Questa paper nasce con l’obiettivo di analizzare la posizione che i diversi Stati membri dell’Unione Europea hanno scelto di adottare per affrontare i rischi per la sicurezza connessi al loro rientro e per comprendere se, a livello comunitario, esiste un’uniformità di approccio a tale fenomeno.

Il flusso di combattenti che ha scelto di abbracciare il jihad e di trasferirsi in Siria, Iraq e Libia, non è costituito solamente da maschi adulti, ma anche da donne e bambini. Verrà affrontato, quindi, anche il delicato argomento sul rimpatrio dei minori e delle donne che, nonostante ricoprano da sempre una figura chiave nell’insurrezione islamica estremista e non si limitino a vivere all’ombra del sostegno da garantire al proprio marito che combatte per il jihad, continuano a non essere viste così pericolose come gli uomini

L’analisi terminerà con un accenno alla situazione degli Stati Uniti d’America che stanno chiedendo prepotentemente a tutti gli Stati di “fare la loro parte” nella lotta contro lo Stato Islamico e di procedere al rimpatrio dei propri foreign fighters.

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