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Studiare la componente culturale e sociale dell’ambiente operativo in cui si opera rappresenta da sempre un’esigenza fondamentale ai fini tattici, operativi e strategici, soprattutto nell’attuale contesto internazionale dove le forze armate vengono spesso impiegate in zone lontane non solo dal punto di vista geografico ma anche culturale. Ed è proprio tale distanza etnoculturale che presenta la necessità di sondare il cosiddetto “terreno umano” o human terrrain, inteso come “l’insieme degli elementi sociali, etnografici, culturali, economici e politici delle popolazioni che abitano i teatri nei quali operano le forze armate di un paese”

Mappare il terreno umano diventa ancor più fondamentale, come si è detto, in contesti caratterizzati da conflitti asimmetrici, dove le forze armate sono chiamate a svolgere operazioni di contro-insurrezione (counterinsurgency, COIN); non a caso il termine stesso iniziò a circolare nell’ambiente militare in concomitanza con l’affermarsi dei movimenti insurrezionali in Iraq e in Afghanistan e con le conseguenti difficoltà tattiche e operative sperimentate dalle forze americane. Come si legge nel manuale dell’esercito statunitense FMI 3-07.22, “nella counterinsurgency, il centro di gravità è il sostegno pubblico. Al fine di sconfiggere una forza insurrezionale, le forze statunitensi devono essere in grado di separare gli insorti dalla popolazione. Allo stesso tempo, le forze americane devono comportarsi in modo tale da mantenere il consenso popolare interno. L’uso eccessivo e indiscriminato della forza potrebbe alienare la popolazione locale, accrescendo così il sostegno alle forze insurrezionali”

La rilevanza conferita alla mera superiorità militare rappresenta il tratto fondante di alcune delle tradizionali dottrine strategiche statunitensi, tra le quali la dottrina Weinberger e la dottrina Powell. Elaborate per rispondere principalmente alle esigenze dei conflitti di tipo convenzionale, tali dottrine si sono rivelate inadeguate nei contesti di “guerra fra la popolazione” e COIN. In questo tipo di operazioni la superiorità militare può rivelarsi il tallone d’Achille degli occupanti: l’utilizzo travolgente e indiscriminato della forza finisce spesso per rafforzare gli insorti, aumentando l’attrattività della loro visione, incrementandone la capacità di reclutamento nei confronti della popolazione civile.

Da quanto sinora detto emerge dunque un elemento essenziale nello studio dello human terrain: il passaggio dall’approccio enemy centric a quello population centric dove, appunto, la popolazione civile diviene il centro di gravità diventa pertanto necessario conoscere e comprendere l’organizzazione sociale locale, l’insieme di credenze e valori e la fonte del potere politico. In nuce: “la profonda comprensione della dimensione sociale e culturale sottesa al teatro operativo

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