La Libia rimane, almeno per il momento, politicamente divisa fra due governi rivali e territorialmente…
A partire dai primi anni 2000, possiamo constatare l’incremento esponenziale della nostra capacità di comunicare, scambiare informazioni ed ampliare la nostra rete di conoscenze. Tale fenomeno si deve in gran parte alla sempre maggiore diffusione dei social network.
Attraverso i social, i principali gruppi terroristici internazionali hanno creato un sistema informatico di continuo aggiornamento e propaganda. Da vere e proprie riviste consultabili online e scaricabili da simpatizzanti e utenti di vario genere, a piattaforme multimediali nelle quali vengono caricati filmati motivazionali di propaganda e istruzioni su come combattere “gli infedeli” e “gli apostati”.
Per questo motivo, soprattutto lo Stato Islamico, ha curato con estrema precisione fino al più piccolo dettaglio tutto il materiale comunicativo. Immagini in alta definizione, video dotati di effetti grafici degni di Hollywood accompagnate da poche frasi ad effetto di stampo militare-religioso, destano nei potenziali “follower” del Califfato emozioni forti e volontà di associarsi.
Un esempio di radicalizzazione online è il caso di Anas El Abboubi, marocchino nato a Marrakech nel 1992, trasferitosi a Vobarno, paese della Val Sabbia, in Provincia di Brescia, che da ragazzo ben integrato nel tessuto locale via social si imbatte in materiale che richiamo ad un pensiero islamico radicale. Una radicalizzazione online, in primis, che però ha avuto un risvolto fisico in tre anni: attualmente Anas è un foreign fighter in Siria.
Bisogna sottolineare che la velocità di comunicazione ha favorito, e creato, le reti per contrastare la radicalizzazione jihadista online. Dall’imam influencer in Indonesia che mostra come riconoscere del materiale estremista sul proprio canale ad alcuni account sui vari social per effettuare una contro-narrativa che punta a smascherare il velo della propaganda islamica.
Questi sforzi risulterebbero vani se la classe politica non continuasse, o in alcuni casi iniziasse, a rafforzare l’alfabetizzazione digitale e il consumo critico di internet da parte della propria popolazione. Il pericolo maggiore, al netto delle difficoltà dell’abbandono del jihad di una persona, è la non costruzione di una cultura digitale da parte dei cittadini, sia su iniziativa personale che su accordi statali. Questo è un rischio che nessun Paese deve sottovalutare quando ha la possibilità economica di alfabetizzare la nazione poiché il prezzo dell’inazione in questo campo sarebbe troppo elevato da pagare in futuro.