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Nel Mediterraneo orientale, è ormai in atto da tempo una corsa per il controllo dei giacimenti di gas, presenti in quantità molto importanti nelle acque a sud-est dell’Europa.

Lo scontro per il controllo di queste risorse coinvolge in primo luogo gli attori regionali che, in virtù della loro posizione geografica, ambiscono al controllo (o alla difesa) di tali risorse. La questione non può però essere trascurata dagli altri attori globali, come i paesi dell’Europa continentale, i quali hanno importanti interessi nella regione e non possono tralasciare l’importanza di un Mediterraneo stabile e sicuro, obiettivo posto a rischio proprio dalle crescenti tensioni tra i vari paesi coinvolti, in particolare tra la Turchia e la Grecia.

 Queste tensioni sono inoltre acuite da dispute preesistenti: la disputa riguardante l’isola di Cipro, sulla quale Turchia e Grecia si scontrano ormai da decenni; i conflitti in Libia e Siria; le rivalità tra Ankara e i paesi del Golfo; le ambizioni della Russia, che può e cerca di avere una forte presenza strategica nel Mediterraneo.

Questo groviglio di tensioni rende la questione delle risorse energetiche nel Mediterraneo orientale molto complicata, creando una serie di allineamenti politici che si intrecciano tra di loro, rendendo complicato un dialogo che allontani le ipotesi di escalation.

Mentre si concretizza sempre di più un fronte anti-Turchia che comprende paesi del Levante e alcuni paesi europei, il controllo e la gestione degli idrocarburi nel Mediterraneo orientale pone dunque sul tavolo diverse opzioni di partnership e allineamenti. Il rischio di un conflitto armato sembra peraltro minimo, anche perché Ankara è in realtà considerata un partner naturale – sia per i paesi europei sia per quelli del Levante – nel bacino del Mediterraneo orientale.

La Turchia ha infatti una posizione di hub di transito, con oltre 300 società autorizzate operanti lungo la catena del valore del gas. Per la stessa Turchia sarebbe più conveniente commerciare gas con questi paesi “rivali” piuttosto che con la Russia, il cui gas costa ai turchi fino a due volte e mezzo in più rispetto al prezzo sul mercato spot. 

Sullo sfondo di queste crisi, il ruolo statunitense appare importante. Washington dovrebbe infatti svolgere un ruolo centrale nella vicenda. Non solo gli Stati Uniti sono tradizionalmente tra i mediatori preferiti per molti dei conflitti della regione, ma il sostegno americano allo sviluppo di idrocarburi offshore e alla cooperazione regionale del Mediterraneo orientale è anche uno dei punti di consenso bipartisan avutosi durante le amministrazioni Obama e Trump (e quindi presumibilmente anche durante il governo Biden).

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