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L’attuale pandemia causata dal Coronavirus Covid-19 ha comportato una drastica riduzione delle attività produttive.

Con l’emanazione del D.P.C.M.  del 11 marzo 2020, enti e aziende, di qualsiasi dimensione, hanno dovuto “improvvisare” lo smart-working, detto anche Lavoro Agile, cosi come raccomandato dal decreto, al fine di continuare a garantire prodotti e servizi.

Salvo rari casi virtuosi, l’introduzione di questo nuovo modello di lavoro, imposto dalla situazione contingente è stato, per molte realtà produttive, l’unico modo per poter continuare ad erogare prodotti e servizi.

Ma cosa parliamo, esattamente, quando parliamo di smart-working? Andrebbe fatta una importante distinzione tra due tipologie di lavoro che spesso vengono confuse tra di loro: smart-working e telelavoro.

La contingenza della situazione ha comportato misure rapide che hanno portato all’emanazione di due direttive sul tema, in un lasso di tempo breve.
Le direttive 1/2020 e la 2/2020, quest’ultima, introduce il “il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa” entro i limiti di quanto previsto dal DPCM 8 marzo 2020.

Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è del 58%, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018.
A queste percentuali vanno aggiunte un 7% di imprese che ha gi
à attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi. 

Come si nota, vi sono alcuni segnali positivi di sviluppo di questa tipologia di lavoro stanno prendendo piede alle aziende italiane.

Tuttavia, lo scenario attuale impone una seria riflessione sul fenomeno dello smart-working e dei rischi che possono minare la business continuity a partire da possibili attacchi informatici sui dispositivi utilizzati dai dipendenti. L’obiettivo del presente studio è quello di sottolineare le criticità del modello di lavoro agile e di individuare possibili azioni di mitigazione dei rischi inerenti.

Il Dottor Benedetto Fucà, analista senior in materia di CyberSec, analizza i risvolti teorici e pratici di questa nuova modalità di lavoro che apre le porte a nuove minacce informatiche e molte questioni legate alla privacy dei dipendenti che ne fanno uso.

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