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I metodi di finanziamento del terrorismo ormai si sovrappongono direttamente con quelli della criminalità organizzata: in alcuni stati, come l’Afghanistan ad esempio, la produzione di oppio è diventata l’industria principale, fino a coprire il 60% del PIL prodotto.

Alla produzione di eroina si affiancano altri settori a cui il terrorismo islamico si è affidato per reperire i fondi necessari a condurre le proprie azioni terroristiche, fra cui i principali: economico, commerciale, industria farmaceutica, educazione, comunicazioni, immobiliare, media e ONG.

Parallelamente allo sfruttamento di prodotti economici tradizionali, il terrorismo islamico in realtà sfrutta anche prodotti e reti del tutto illegali che, in molti casi, sono strutturate direttamente da loro, come il contrabbando di petrolio e il traffico di armi, di esseri umani, di antichità e molto altro.

I fondi raccolti poi vengono trasferiti, e i jihadisti non disdegnano qualsiasi metodo per giungere al risultato, utilizzando tanto il trasferimento bancario quanto il traffico di valuta o perfino il trasferimento di criptovaluta.

Sulla base di questi elementi, il paper del nostro esperto di terrorismo islamico Daniele Garofalo, ci mostra come sia necessario, per sconfiggere la piaga della jihad, mettere in pratica una serie di metodi di contrasto che abbracciano a tutto campo aspetti militari, legislativi ed economici.

Colpire il riciclaggio di denaro, i trasferimenti illeciti, sfruttare reti di intelligence e monitoraggio continuo di attività sospette sottrarrebbero i finanziamenti che permettono al terrorismo di continuare le proprie attività.

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